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L'evoluzione dell'abbigliamento da portiere

L'evoluzione dell'abbigliamento da portiere

Francesco Ressa

Il calcio, come tutti gli sport, ha le sue regole. La gran parte sono conosciute dagli appassionati, ma ne esistono altre meno note. Chiunque, anche chi non segue questo sport, sa che il portiere deve indossare un completo diverso dai compagni di squadra, dagli avversari e dall'arbitro. Molti, però, non sanno che oggi il suo abbigliamento deve rispettare il limite di tre colori (in diverse tonalità). Ma non è sempre stato così.

Le maglie in lanetta

Durante gran parte del secolo scorso, più o meno sino alla fine degli anni 70, i portieri vestivano esclusivamente maglie in lana o lanetta in tinta unita, con i bordi che talvolta richiamavano i colori sociali del club di appartenenza. In Italia il colore predominante era il nero a cui segui anche il grigio, mentre in altri paesi come la Spagna e l'Inghilterra, si preferiva un maglione verde o giallo. In Inghilterra, per essere più precisi, il verde, su decisione della Football Association nel 1912, divenne il colore per indicare i portieri. Ce n'erano altri (il rosso e il blu royal), ma rischiando di confondersi spesso con gli avversari, si preferì uniformare la scelta. Il giallo, invece, era riservato al portiere della nazionale. In alcuni campionati, non era presente il numero 1, perché non era previsto il portiere di riserva in panchina. Esistevano naturalmente delle eccezioni cromatiche, ma nella maggior parte dei casi ci si atteneva alle consuetudini.

Arrivano le maglie imbottite

Come anticipato, alla fine degli anni 70, arrivarono le prime vere novità. Non possiamo non ricordare il famoso giallo canarino della maglia Adidas indossata da Enrico Albertosi tra i pali del Milan. Nella stagione 78-79 uscì il modello che introdusse delle imbottiture specifiche sul gomito.

Le protezioni erano una delle cose che - oltre al colore - distinguevano una maglia da portiere da quella dei compagni di gioco. Aziende specializzate come Uhlsport, Reusch e Adidas cominciarono a studiarne le applicazioni più adatte a prevenire i piccoli traumi che hanno sempre fatto parte dell'attività di un portiere.

Presto ci si rese conto che, oltre ai gomiti, le imbottiture potevano essere applicate sul petto, per agevolare la presa in alcune situazioni. Tutte queste novità portarono entusiasmo e aiutarono a rendere più interessante il nostro ruolo. La possibilità di indossare abbigliamento specifico, rendeva il portiere ancor più speciale e distintivo sul campo e lo differenziava da tutti gli altri giocatori.

Il ventennio ottanta novanta

Gli anni 80 sono stati un vero e proprio boom di creatività. Il portiere poteva vestirsi come voleva, senza essere obbligato ad indossare il completo proposto dal fornitore ufficiale della propria squadra. In alcuni casi, ci si limitava a coprire il marchio e sostituirlo con quello dei compagni. In Italia, Uhlsport e Reusch la facevano da padrone, apparendo addosso a tantissimi portieri di Serie A e delle serie minori.

Fu il momento migliore e la ricerca permise sviluppi impensabili fino a qualche stagione prima. Basti pensare all'introduzione di tessuti impregnati di caucciù e delle microtrapuntature "quilted" (introdotte da Umbro).

Giuliano Giuliani con maglia Reusch a Npaoli

La fine di un'epoca

Il periodo d'oro dell'abbigliamento da partita per il portiere si protrasse sino alla metà degli anni 90. Nel 1995, le pressioni dei brand più importanti riuscirono a fare imporre di indossare rigorosamente l'abbigliamento del fornitore ufficiale della squadra. Per i marchi specializzati si chiuse un'epoca importante e ricca di visibilità.

Questa scelta ha portato a diverse conseguenze. I completi sono diventati sempre più semplici e poco appariscenti. Abbiamo letto e ascoltato le critiche di tanti che si lamentano della ripetitività di molti marchi. Perché? Scelte commerciali dovute al poco mercato che hanno le maglie da portiere, spesso fornite direttamente dalle società. Senza dimenticare i prezzi, decisamente alti, che molte maglie di marchi importanti hanno raggiunto ultimamente.

Arrivano le mezze maniche

La scelta imposta dai fornitori tecnici, poco interessati all'abbigliamento da portiere, ha fatto sì, che questi cominciassero ad abbandonare la protezione in partita. Dapprima classiche maglie a manica lunga, poi i primi casi di maglie, letteralmente tagliate con le forbici per scendere in campo con i gomiti sprotetti. Tra i precursori, sicuramente Pagliuca, che anche nel corso dei mondiali del 1998 scendeva in campo con la maglia a maniche corte. Sempre nella stessa competizione, Barthez, poi diventato campione del mondo, che tagliava la maglia con le protezioni in spugna sui gomiti.

La giustificazione sarebbe la migliore libertà di movimento data dalla mancanza della manica completa e della protezione. Scelta in parte comprensibile se si gioca su campi in erba naturale e in buone condizioni, pessima su sintetico e terra. Taglialatela, definì la mezza manica, una moda che avrebbe dovuto garantire maggiore libertà di movimento, rispetto a una maglia tradizionale con protezioni. Abituati a vedere giocare i professionisti su campi in erba naturale in buone condizioni, lo spirito di emulazione ci porta a voler fare altrettanto.

Le insidie dei terreni di gioco

Ma ci sono campi in erba naturale, non proprio ben trattati vicino alle porte più simili a campi di patate che di calcio. Lo stesso vale per quelli in sintetico e terra, bel lontani dall'essere perfetti. Pensa al logorio di tantissimi campi in sintetico, realizzati anni fa. Dove è più visibile l'usura? Stai pensando vicino alle porte? Non ti sbagli affatto. E' proprio la zona dove ci alleniamo e giochiamo che soffre maggiormente il passare del tempo. Non è raro trovarci a cadere su zone senza più alcun riempimento. Quasi come se giocassimo sul cemento. Tempo fa, per non farci mancare nulla, fece scalpore la notizia che riportava la necessità di cambiare i campi in erba sintetica più vecchi, a causa del riempimento potenzialmente cancerogeno. L'idea che un'attività ricreativa, debba compiersi mettendo a rischio la salute ebbe risalto nel settore. Studi successivi hanno ridimensionato il problema, definito sotto i livelli di rischio. Oggi, però, sono ancora tanti i vecchi campi in quelle condizioni, con materiali riciclati come gli pneumatici triturati e l'erba consumata.

Le conseguenze e gli infortuni

Strisciare e impattare con la pelle nuda, aumenta sensibilmente il rischio di venire a contatto con il sangue attraverso escoriazioni causate dai tuffi e dalle cadute. Ne vale davvero la pena? Al di là del discorso modaiolo o pratico, devo sottolineare che questo modo di vestirsi di molti professionisti, abituati a giocare su campi in buone condizioni, si è diffuso anche a dilettanti e amatori. La minore preparazione tecnica e fisica, mette rischio gomiti, fianchi e spalle. Potenziali traumi tali da condizionare anche la vita di tutti i giorni. Cosa può accadere? Un po' di tutto, andando dalla semplice abrasione del gomito o del ginocchio fino a traumi molto più gravi e difficili da curare, come la temuta borsite, vero spauracchio del portiere, che prima o poi rischia di vedere spuntare nelle zone più stressate, come fianchi e gomiti.

Molti sottovalutano la pericolosità di una leggera abrasione. I rischi di infezioni, di ricaduta e di indebolimento della zona, se non adeguatamente curata, possono causare problemi ben più lunghi e concreti di quelli che uno potrebbe pensare. Ci è capitato di aiutare e risolvere problemi di questo tipo, tantissime volte negli anni e i ringraziamenti di chi ha risolto situazioni che andavano avanti da mesi, ci convince che proteggersi è la migliore soluzione possibile.

Oggi anche Joma offre una maglia da portiere con ottime protezioni sulle braccia in tre diversi colori a un prezzo bassissimo.

E' capitato agli stessi professionisti che, nonostante allenamenti specifici, si siano visti presentare il conto dal proprio corpo, proprio a causa del mancato uso dell'abbigliamento adatto. Quindi, sempre meglio fare attenzione, perché quello che non si sente oggi, potrebbe presentarsi con gli interessi domani.

La tecnologia al servizio della protezione

Fortunatamente negli ultimi anni è tornata la consapevolezza che la protezione. Fondamentale in allenamento e necessaria ad evitare problemi che potrebbero rendere difficoltosa, non solo la pratica sportiva, ma anche la vita di tutti i giorni. I portieri professionisti sono i primi ad indossare abbigliamento protettivo durante la settimana.

Pensate ai benefici di fare serie di tuffi ripetuti con un pantaloncino per portiere ben imbottito. I vostri fianchi vi ringrazieranno. Non è mia intenzione convincervi dell'assoluta necessità di usare le protezioni, ma ricordo che oltre a essere rivenditori siamo anche (nel nostro piccolo) portieri con oltre venti anni di gioco alle spalle.

Da tutta questa esperienza abbiamo imparato a scegliere con cura l'abbigliamento giusto, e siamo giunti all'inevitabile conclusione che a fronte di una spesa superiore, il rischio di incorrere in traumi e abrasioni diminuisce.

Cose che all'inizio degli anni 2000 sembravano fantascienza, ora sono alla portata di tutti. Pensiamo a sottopantaloni corti e lunghi, con protezioni in EVA, in Poron, in altri composti con capacità di assorbimento dell'impatto ben superiore alla tradizionale spugna. Materiali elastici, indumenti a compressione, maglie con protezioni sulle spalle, sulla schiena, sui fianchi.

Oggi c'è davvero l'imbarazzo della scelta e scegliere di non proteggersi è diventato incomprensibile, oltre che svantaggioso nel medio e lungo termine. La scelta per evitare di farsi male c'è e basta solo liberarsi di barriere psicologiche che non devono avere ragione di esistere.

L'abbigliamento tecnico protettivo

Per chi gioca in un club che impone il proprio abbigliamento tecnico, la soluzione è quella di indossare da sotto qualcosa di specifico come l'intimo protettivo Storelli. Anche i marchi storici come Reusch e Uhlsport hanno sviluppato abbigliamento tecnico specifico, perfetti per essere indossati sotto i capi della propria squadra. Esclusi rari casi, nessuna maglia e nessun pantalone appesantiscono eccessivamente e/o impediscono i movimenti, basta solo scegliere la misura giusta. I vantaggi sono tangibili e il rischio di tornare a casa con lividi, sbucciature e borsiti, diminuirà sensibilmente. L'ortopedico potrà aspettare, basta usare un po' di saggezza e non rinunciare a salvaguardare la propria salute, neanche davanti alla propria porta.

Il futuro? Difficile immaginarlo, anche se i tessuti diventano sempre più leggeri e traspiranti. Probabilmente si proseguirà nel solco ormai tracciato, con maglie da gara molto semplici, ma con abbigliamento tecnico protettivo sempre più performante e adatto a tutte le esigenze. Le regole del mercato faranno il resto, ma noi saremo sempre qua a difendere l'unicità del nostro ruolo e offrire il materiale che nei classici negozi di abbigliamento sportivo non è quasi mai presente.

 

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